Mastopessi, sollevamento o lifting seno

Data pubblicazione: 19/02/2022
Dr. Tommaso Agostini


Indice

Cosa è la mastopessi, sollevamento o lifting seno: introduzione

Lo scopo della mastopessi, anche detta lifting seno, o sollevamento seno, è quello di sollevare il tessuto mammario, provvedere a riposizionare il complesso areola capezzolo, migliorare la simmetria e l’estetica mammaria.

Sono state descritte numerose procedure chirurgiche di mastopessi, conosciuta anche come pessi mammaria o lifting mammario. La mastopessi ha quindi come obiettivo quello di correggere la ptosi (discesa) mammaria che avviene per un rilassamento del derma mammario e dei legamenti del Cooper che si verifica per diversi fattori, tra cui in primis il peso eccessivo delle mammelle, variazioni di volume mammario per sbalzi di peso corporeo o a seguito della gravidanza e dell’allattamento e per cambiamenti ormonali per la menopausa, quando il derma si assottiglia e il tessuto mammario va in atrofia a discapito del tessuto adiposo che aumenta.

Le dimensioni del seno variano a seconda dell'habitus e dell'età del paziente. Nel 1955, Penn ha descritto le misurazioni per localizzare il complesso capezzolo-areolare (NAC) utilizzando una distanza di 21 cm dal giugulo tra ciascun capezzolo e tra i due capezzoli, formando quindi un
triangolo equilatero. Sebbene la posizione del capezzolo dovrebbe essere adattata a ogni paziente, una distanza giugulo capezzolo di 21-23 cm e una distanza del complesso areola capezzolo dal solco sottomammario di 5-7 cm sono stati descritti come i limiti ideali, in particolare quando si considera la correzione chirurgica della ptosi tramite mastopessi.

L’irrorazione arteriosa deriva medialmente dall’arteria mammaria interna e lateralmente dall’arteria toracica laterale, oltre a numerose arterie perforanti dal terzo al settimo spazio intercostale che garantiscono la vitalità del complesso areola capezzolo. Il drenaggio venoso della mammella avviene sia attraverso la rete linfatica superficiale sottodermica sia attraverso la rete linfatica profonda che decorre assieme ai vasi arteriosi e venosi, principalmente tramite i linfonodi del plesso retromammario localizzato a livello della fascia muscolo del muscolo gran pettorale. L’innervazione sensitiva deriva dal plesso brachiale, dal quarto e quinto nervo intercostale laterale e dal terzo, quarto (il più importante) e quinto nervo intercostale anteriore.

Nel 1976 Regnault ha presentato il sistema di classificazione delle ptosi mammarie che ha poi subito alcune variazioni nel tempo, identificando 4 gradi (grado lieve, moderato, grave e pseudoptosi). Sebbene i primi interventi di chirurgia plastica mammaria siano stati descritti nel 1669, Velpeau nel 1854 pubblicò per la prima volta la sua esperienza con l’intervento di mastopessi, finché nel 1900 furono descritti i primi interventi chirurgici della moderna mastopessi. Sempre tra i primi chirurghi ad eseguire la mastopessi, è stato Dehner il quale eseguiva un’incisione semilunare a livello dei quadranti superiori mammari e divideva in due il muscolo gran pettorale in modo da poter ancorare il parenchima mammario a livello della cassa toracica in modo da ottenere un risultato stabile nel tempo.

Il successivo approccio chirurgico descritto nei primi anni del 1900, prevedeva un approccio in due steps, di cui il primo consisteva nel sollevamento del solo complesso areola capezzolo nella sua sede definitiva, mentre il secondo step era effettuato diverse settimane dopo e consisteva nel rimodellamento della ghiandola mammaria con resezione della pelle in eccesso e simmetrizzazione mammaria.

Nel 1923 fu il chirurgo Kraske a descrivere la prima mastopessi eseguita in un’unica seduta, che prevedeva la resezione del parenchima mammario a livello del polo inferiore della mammella e la resezione della pelle in eccesso con una cicatrice residua posizionata a livello dei quadranti supero laterali.

Solo alla fine del 900, Stromeck descrisse la mastopessi basata sull’anatomia vascolare mammaria, allestendo un doppio peduncolo mammario orizzontale seguito successivamente da McKissock che introdusse il doppio peduncolo verticale, offrendo quindi un valido supporto vascolare al complesso areola capezzolo ed eseguendo la resezione del parenchima mammario a carico dei quadranti laterale e mediale. Quest’ultima tecnica descritta è quella che ha gettato le basi della moderna mastopessi basata non più su un doppio peduncolo, ma su un singolo peduncolo inferiore e, sebbene sia sempre molto eseguita, è stata progressivamente abbandonata per la tendenza al droping, con potenziale rischio di recidiva della ptosi oltre a procurare un aspetto squadrato della mammella nei quadranti inferiori.

Per tale motivo nel 1973 Weiner descrisse la mastopessi a peduncolo superiore, con la quale si eliminava il tessuto mammario a livello del polo inferiore, ma il cui principale limite era la distanza del complesso areola capezzolo dal giugulo mammario, essenziale per garantire un sufficiente apporto vascolare.

In sostanza l’intervento di mastopessi ha come obiettivo quello di risollevare la mammella, riposizionando il complesso areola capezzolo correggendo la ptosi mammaria.

A differenza della mastoplastica riduttiva, durante il lifting seno non viene rimosso tessuto ghiandolare al fine di mantenere integro il volume mammario, ma si procede alla rimozione della pelle in eccesso con uno scopo quindi quasi esclusivamente estetico. Come conseguenza le cicatrici mammarie sono meno tollerate dalle pazienti che si sottopongono alla mastopessi rispetto a quelle pazienti che eseguono la mastoplastica riduttiva, il cui scopo è invece funzionale, cioè di migliorare la cervicalgia, la lombalgia e il dolore a livello del cingolo scapolare a scapito di esiti cicatriziali estesi a livello del complesso areola capezzolo, una cicatrice verticale e una nel solco sottomammario.

Il paziente tipico candidato all’intervento di mastopessi desidera quindi il sollevamento delle mammelle con il minor numero di cicatrici possibili; non solo, infatti numerose pazienti che richiedono l’intervento di mastopessi, spesso vengono sottoposte alla mastoplastica additiva o alla mastopessi con protesi o in alternativa alla mastopessi senza protesi mammarie nel caso in cui il volume mammario sia sufficiente. I risultati più scadenti nell’intervento di pessi mammaria si avranno in quelle pazienti con un volume mammario moderato e che rifiutano l’inserimento di protesi mammarie, proprio perché il rapporto costo beneficio si viene a sbilanciare a causa dell’estensione delle cicatrici.  

Il tipo di mastopessi da eseguire sarà dettato dal tipo di deformità mammaria secondo la classificazione di Regnault:

  • ptosi lieve nei casi in cui il complesso areola capezzolo sia a livello del solco sottomammario
  • ptosi moderata quando il complesso areola capezzolo si trova al di sotto del solco sottomammario ma sempre al di sopra del polo inferiore
  • ptosi grave, quando il complesso areola capezzolo è al di sotto del solco sottomammario e localizzato nel polo inferiore
  • pseudoptosi o ptosi ghiandolare quando il complesso areola capezzolo è al di sopra del solco sottomammario ma il parenchima ghiandolare della mammella è prevalentemente localizzato al di sotto del solco

Le pazienti che hanno un grado lieve di ptosi mammaria sono candidate all’intervento di mastopessi con round-block o mastopessi periareolare, accesso che viene spesso eseguito anche nell’interventi di mastopessi con protesi, quando cioè l’inserimento della protesi in silicone rende minore l’eccesso cutaneo da rimuovere. Con l’aggravarsi della ptosi mammaria aumentano anche le cicatrici e in particolare la cicatrice verticale che dal complesso areola capezzolo si porta fino al solco inframammario e la cicatrice nel solco sottomammario nei casi più gravi.

Quanti tipi di mastopessi esistono

Le tecniche di mastopessi sono basate sul tipo di ptosi da correggere e vengono classificate in base al numero e alla forma delle cicatrici residue finali.

  • Mastopessi a T invertita: le mastopessi originariamente descritte prevedevano esclusivamente la resezione della pelle in eccesso senza maneggiamento del parenchima mammario, con una cicatrice residua con forma a T invertita. Il primo a descrivere le tecniche di mastopessi a T invertita fu Wise nel 1956, seguito da Goulian nel 1971 la cui tecnica prevedeva la resezione cutanea eseguendo uno scollamento minimo dei tessuti, basandosi sul principio, successivamente sconfessato, che mantenendo la continuità della pelle con il tessuto mammario, portasse a risultati più stabili e duraturi nel tempo. Questo tipo di mastopessi è conosciuto anche come skin-only mastopessi, ad indicare appunto che le manovre chirurgiche erano eseguite esclusivamente a livello mammario.
    Whidden fu il primo a introdurre il concetto di mastopessi tailor-tack, cioè sartoriale, andando a eseguire un’accurata disepitelizzazione della pelle in eccesso, che, invece di essere asportata, veniva utilizzata come tessuto utile per il rimodellamento conico della mammella. Ship e collaboratori furono i primi a introdurre il concetto di rimodellamento ghiandolare, allestendo tre lembi di parenchima ghiandolare, di cui uno laterale, uno mediale e uno superiore con il complesso areola capezzolo. L’intervento procedeva quindi con la sovrapposizione del lembo laterale a quello mediale, entrambi ricoperti alla fine dal lembo superiore, ottenendo quindi risultati più duraturi e esteticamente superiori.
  • Mastopessi concentrica: trattandosi di un intervento di chirurgia estetica le pazienti accettano la volentieri cicatrici estese e proprio per questo motivo la mastopessi concentrica è quella che viene eseguita più frequentemente. È stata descritta per la prima volta da Bartels nel 1976, con i chirurghi Rees and Aston che descrissero la stessa procedura per la correzione di malformazioni mammarie come la mammella tuberosa; i primi risultati estetici non furono incoraggianti a causa dell’allargamento del complesso areola capezzolo e cicatrici di scarsa qualità. Successivamente con la descrizione della sutura a borsa di tabacco nel 1985, i risultati estetici migliorarono e fu proprio Spear e collaboratori a descrivere, nel 1990, tre regole per ottimizzare i risultati: il diametro del cerchio esterno non deve mai superare il doppio del diametro areolare interno, il diametro areolare finale deve essere a mezzo tra il cerchio esterno e quello più interno, il diametro areola esterno deve essere disegnato in modo tale da non superare la distanza esistente tra il diametro areolare interno e quello originale.
  • Mastopessi round block: la mastopessi areola classica inevitabilmente tende a appiattire la mammella. Il primo chirurgo a sostenere che la chirurgia mammaria dovesse prevedere sia manovre chirurgiche atte alla resezione della pelle in eccesso ma anche al rimodellamento del tessuto mammario fu Benelli; egli infatti allestiva dei lembi di parenchima ghiandolare, sia lateralmente che medialmente, che venivano sovrapposti con tecnica criss-cross a ricreare appunto il cono mammario e con il posizionamento finale di una sutura a borsa di tabacco eseguita con materiali non riassorbibili (Gorotex, Mersilene, Prolene, Nylon) in modo tale da prevenire l’allargamento del diametro areolare. In questo tipo di mastopessi il lembo superiore, che porta il complesso areola capezzolo, può anche essere fissato più in alto, ricercando un valido e robusto sostegno a livello della parete toracica. Il candidato ideale alla mastopessi con tecnica round block, ha mammelle con volume adeguato o lievemente ipertrofico, ma anche di forma tuberosa, mentre pazienti con mammelle larghe e ptosiche o comunque con pelle anelastica sono candidate ad altre tecniche chirurgiche e che prevedono cicatrici più estese. Successivamente Spear, nel 2001, ha chiarito quali fossero secondo lui le indicazioni ad eseguire la mastopessi periareolare con round block:
    • pazienti con mammella tuberosa
    • pazienti con ginecomastia di grado moderato/severo
    • pazienti che andavano incontro alla sostituzione delle protesi mammarie senza modificarne il volume.
  • Mastopessi verticale: la mastopessi round block presenta limitazioni date dalla quantità di tessuto che deve essere modellato e dalla risalita del complesso areola capezzolo e quando non è sufficiente si esegue quella che prende il nome di mastopessi verticale, che prevede una cicatrice circolare intorno al complesso areola capezzolo e una verticale che dal complesso areola capezzolo si dirige verso il solco sottomammario. La mastopessi con tecnica verticale è ormai eseguita da diversi anni, fin dal 1960 e popolarizzata da Lassus e Lejour, i quali propongono tecniche leggermente diverse ma basate sempre su un peduncolo superiore per l’irrorazione del complesso areola capezzolo. La tecnica verticale di lifting seno prevede che la resezione cutanea sia eseguita prevalentemente a carico dei quadranti inferiori della mammella, eseguendo l’ancoraggio del parenchima mammario a un livello più alto sfruttando la fascia muscolare del muscolo gran pettorale e creando due pilastri, uno mediale e uno laterale, che vengono suturati sulla linea mediana a ridare la forma conica alla mammella. La differenza sostanziale tra la mastopessi verticale descritta da Lassus e Lejour, sta nello scollamento cutaneo che risulta più contenuto nel primo caso, per ottenere alla fine dell’intervento uno stato d’ipercorrezione mammaria che si assesterà durante i primi mesi post operatori. I risultati sono davvero soddisfacenti sia in termini di durata del risultato che di forma della mammella e hanno trovato largo utilizzo nei paesi dell’Unione Europea rispetto agli USA, dove invece i pazienti richiedono non solo una correzione immediata, ma anche un risultato piacevole fin da subito. Marchac ha successivamente sviluppato un’ulteriore evoluzione nella procedura della mastopessi verticale, aggiungendo una piccola cicatrice orizzontale a livello del solco sottomammario al fine d’eliminare l’eccesso cutaneo accumulato a fine intervento ma ottenendo una mammella di forma più piacevole a fine intervento. Nell’intervento di mastopessi le cose più difficili sono quelle di ottenere dei quadranti superiori prosperosi e d’evitare la recidiva a breve termine.
  • Mastopessi con protesi: la ptosi mammaria si verifica principalmente quando si ha un eccesso di cute rispetto al tessuto ghiandolare presente. Se fino ad ora sono state descritte tutte le tecniche di mastopessi che prevedono la resezione della pelle mammaria associata o meno al modellamento del parenchima mammario, un’altra opzione è evidentemente quella di aumentare il volume del tessuto mammario inserendo una protesi in silicone. L’intervento di mastopessi con protesi può essere eseguito con un solo accesso chirurgico circolare intorno all’areola attraverso il quale si inserisce la protesi e si elimina la pelle in eccesso, oppure utilizzando una tecnica a T invertita, dove oltre a inserire la protesi mammaria, si procede al rimodellamento del tessuto ghiandolare. Il posizionamento della protesi in gel coesivo di silicone avviene in base alle preferenze del chirurgo e all’anatomia specifica delle pazienti. Il posizionamento sottoghiandolare, sebbene contribuisca in modo determinante a un intervento più rapido e a un post operatorio senza dolore, donerà risultati meno duraturi nel tempo e caratterizzati da un aumentato rischio di contrattura capsulare, nonché all’aumentato rischio di complicanze vascolari a carico del complesso area capezzolo; l’inserimento della protesi a livello sottomuscolare donerà un risultato più naturale, essendo l’impianto meno palpabile e con un rischio di contrattura capsulare più basso.

La visita medica per l’intervento di mastopessi

La visita medica per eseguire l’intervento di mastopessi prevede la precisa valutazione di tutti i parametri indispensabili per una corretta pianificazione. In particolare viene valutata l’altezza e il peso della paziente, storia di eventuali gravidanze e allattamenti al seno, sbalzi ponderali per diete e patologie connesse e infine il profilo oncologico della paziente. Verranno misurate tutte le distanze mammarie in relazione al complesso areola capezzolo, la sua distanza dal giugulo, la sua distanza dal solco sottomammario o inframammario, la sua distanza dalla linea mediana e infine la circonferenza. A questo punto si procede con la valutazione del grado di ptosi mammaria secondo la classificazione di Regnault, si misura il grado di elasticità cutanea, la presenza di eventuali smagliature a carico dei quadranti superiori, di asimmetria mammaria e quindi verrà acquisita la documentazione fotografica e video per una corretta pianificazione dell’intervento chirurgico di mastopessi. Gli esami da eseguire consistono in esami ematochimici di routine con valutazione dell’assetto lipidico, glicidico, coagulativo, emocromo, esame urine, esami di funzionalità epatica e renale; verrà richiesta una valutazione specialistica cardiologica con elettrocardiogramma e infine lo screening oncologico con richiesta d’ecografia mammaria o di mammografia in base all’età e alla rappresentazione del tessuto mammario.
La successiva valutazione medica specialistica prevede la valutazione degli esami eseguiti e la conferma dell’indicazione chirurgica a eseguire la mastopessi, con la spiegazione dettagliata della tecnica utilizzata in quel singolo caso.

Come prepararsi all’intervento di mastopessi

L’intervento di mastopessi o lifting seno o pessi mammaria o piu comunemente di sollevamento seno rappresenta uno degli interventi più complessi a carico della mammella, specialmente se viene programmato l’inserimento di protesi in silicone in sede sottoghiandolare o retromuscolare o dual plane e per questo motivo prevede la totale collaborazione da parte del paziente non solo in fase post operatoria ma anche in fase preoperatoria, al fine di mantenere tutti quegli accorgimenti utili a minimizzare le potenziali complicanze.

In particolare è raccomandata la sospensione del fumo di sigarette e dei dispositivi contenenti nicotina (sigarette elettroniche) almeno 2-3 settimane prima della data prevista; questo consente di minimizzare gli effetti della nicotina, un potente vasocostrittore, che, ritardando e ostacolando l’afflusso sanguigno, è alla base dell’aumentato rischio di complicanze vascolari come ritardi di guarigione, infezioni, deiscenze della ferita chirurgica, cicatrizzazione patologica e sieromi.
È obbligatorio anche sospendere l’assunzione di farmaci antiaggreganti (aspirina) o anticoagulanti (dicumalorici) almeno quindici giorni prima al fine di ridurre il rischio di sanguinamenti, emorragie e ematomi; per lo stesso motivo è vietata anche l’assunzione di farmaci omeopatici e farmaci antiinfiammatori non steroidei, eccezione fatta per il solo paracetamolo in caso di necessità. Nel caso in cui il paziente sia in terapia con dicumalorici, si dovrà rivolgere al medico di medicina generale o comunque al medico specialista che ha prescritto la cura, per iniziare l’embricazione con eparine a basso peso molecolare.

L’insorgenza di sintomatologia influenzale o parainfluenzale come febbre, febbricola, malessere generalizzato, astenia, tremori, mal di gola, nausea, vomito, diarrea, tosse, mal di gola deve essere comunicata tempestivamente al numero di telefono di riferimento dell’equipe operatoria al fine di monitorarne l’evoluzione e programmare una data idonea all’intervento chirurgico. L’assunzione della terapia personale, se presente, deve essere continuata a meno di diversa indicazione da parte dell’equipe medica.

Nei giorni precedenti l’intervento chirurgico di mastopessi è obbligatoria la rimozione di tutti i monili, compresi i piercing, dello smalto delle unghie specialmente se di colore scuro come nero blu o viola al fine di permettere la corretta lettura dell’ossigenazione del sangue durante l’intervento chirurgico.

Eseguire un’accurata tricotomia a livello delle ascelle, avendo accortezza di eseguirla il giorno precedente l’intervento di mastopessi senza utilizzare taglienti come la lametta da barba, ma esclusivamente rasoi elettrici e dispositivi elettronici atraumatici.
Eseguire una minuziosa igiene personale utilizzando saponi specifici contenenti antisettici come la clorexidina, sia il giorno prima dell’intervento che la mattina stessa. Infine è consigliato indossare abbigliamento da casa comodo, come tuta e scarpe da ginnastica, meglio se dotato di cerniera anteriore al fine di facilitare le manovre mediche di controllo e medicazione delle ferite; arrivare in clinica accompagnati da un parente o da una persona di fiducia, che possa provvedere al rientro presso il domicilio ma anche all’assistenza personale per i primi giorni post operatori.

Come si esegue l’intervento di mastopessi

L’intervento di chirurgia estetica di lifting seno o mastopessi, viene eseguito generalmente in anestesia generale e regime di ricovero poiché la durata media varia da un minimo di circa 2 ore fino anche a 3 ore e mezza nel caso della mastopessi con protesi e cicatrice a T inverita.

La pianificazione dell’intervento di mastopessi avviene nei giorni precedenti l’intervento chirurgico e si conclude con il disegno preoperatorio che viene fatto poco prima dell’ingresso in sala operatoria. L’entrata in sala operatoria coincide con la preparazione vera e propria per la mastopessi, fino alla fase d’induzione anestesiologica che precede poi l’intubazione per l’anestesia generale.
Va chiarito che per mastopessi di piccola entità non è necessaria l’anestesia generale, ma si procede con quella locale, accompagnata da eventuale sedazione.

La pessi inizia con la resezione della pelle in eccesso seguendo in modo preciso il disegno preoperatorio che può comunque essere modificato durante l’intervento al fine di adattarsi al meglio alla nuova forma mammaria; la procedura chirurgica prosegue con l’allestimento dei lembi mammari, mediale, laterale e il superiore che porta con sé, il complesso areola capezzolo e che vengono modellati con tecnica criss-cross al fine di ridare una forma conica alla mammella. Verranno posizionati punti interni che favoriranno la costruzione del cono mammario e quindi verranno messi punti interni riassorbibili, che non avranno necessità di essere rimossi nel post operatorio. I drenaggi inseriti, uno per ogni mammella, saranno rimossi in base al liquido drenato nelle 24 ore, che, generalmente, si riduce progressivamente entro 24 ore massimo 48 ore. La medicazione consiste nel posizionamento di cerotti tipo steri strip o nell’utilizzo di garze umide o garze grasse, contenenti paraffina o sostanze adiuvanti il processo di guarigione come la connettivina o l’acido ialuronico. Nel periodo post operatorio è raccomandato indossare un reggiseno di contenzione senza ferrettini e per un periodo che verrà indicato dal chirurgo durante le medicazioni e i controlli medici programmati.

L’immediato post operatorio della mastopessi

Il decorso post operatorio della mastopessi deve essere caratterizzato dal riposo, facendo particolare attenzione a evitare sforzi fisici soprattutto nelle prime 24/48 ore post operatorie. La prima medicazione viene eseguita già il giorno successivo l’intervento di lifting seno al fine di verificare e valutare la vitalità dei lembi allestiti e del complesso areola capezzolo. Le pazienti possono riprendere le loro attività quotidiane in modo graduale a partire dalle 72 ore, facendo attenzione a limitare i movimenti degli arti superiori e qualsiasi sforzo, soprattutto nei casi di mastopessi con protesi. Le medicazioni vengono eseguite ogni 2-3 giorni nella prima settimana, fino a raggiungere la completa guarigione in circa 15/20 giorni; a tal riguardo piccoli ritardi di guarigione che possono prolungare la ripresa delle normali attività non deve stupire e rappresenta un evento molto frequente soprattutto a livello del solco sottomammario e soprattutto sull’incrocio del solco inframmamario con la cicatrice verticale. Meno frequentemente può essere necessario posizionare ulteriori punti di sutura in anestesia locale e sempre a livello ambulatoriale al fine di agevolare e accelerare i processi di guarigione; infine è evenienza rara dover tornare in sala operatoria per revisionare deiscenze di ferite più estese.

Il risultato dopo la mastopessi

L’intervento chirurgico di pessi mammaria o mastopessi conosciuto anche come lifting mammario è sicuramente il più difficile da eseguire nell’ambito della chirurgia estetica mammaria. Il risultato mira non solo a risollevare le mammelle, ma anche a donare una forma naturale, conica, valorizzando l’aumento volumetrico dei quadranti superiori e tentando di correggere per quanto possibile la presenza di asimmetria mammaria. Accade frequentemente di dover rivedere un intervento di mastopessi anche a distanza di pochi mesi, circa 24-48, non tanto per la correzione della recidiva mammaria, cioè la ricaduta delle mammelle, quanto per eseguire manovre ancillari aggiuntive che possono non solo valorizzare maggiormente il risultato ottenuto nel primo intervento, ma anche prolungarne la durata. Quindi l'intervento di mastopessi deve essere considerato un intervento di chirurgia estetica che fornisce risultati definitivi che devono essere mantenuti e migliorati nel tempo. Il risultato finale dopo l’intervento di mastopessi è visibile dopo 3-6 mesi, quando le cicatrici si saranno regolarizzate e appiattite e sarà quindi possibile fare un punto preciso della condizione clinica post operatoria.

Quanto costa la mastopessi

L’intervento chirurgico di mastopessi ha un costo variabile che dipende dall’entità del difetto da correggere e dall’inserimento di eventuali protesi mammarie. Il preventivo per il lifting seno comprende l’onorario dell’equipe chirurgica, incluso il primo chirurgo e il secondo chirurgo, il medico anestesista, il personale di sala operatoria, la retta di degenza in regime di ricovero o day-hospital, i materiali di consumo necessari per eseguire l’intervento chirurgico e la notte di degenza in clinica nel caso di ricovero con medico di guardia e infermieri dedicati. La variabilità del costo della mastopessi è giustificata anche dalla tempistica impiegata per eseguire l’intervento chirurgico, da un minimo di due ore fino anche a 4 ore nei casi più importanti. Infine anche l’esecuzione di ulteriori interventi combinati può far cambiare il preventivo chirurgico, magari in ragione d’interventi combinati a livello della piramide nasale come la rinoplastica, rinosettoplastica, otoplastica, liposuzione, liposcultura, addominoplastica e miniaddominoplastica.

Per il dettaglio costi, visita la pagina Mastopessi Costi.

La scelta del chirurgo per la mastopessi

L’intervento di mastopessi è un intervento di chirurgia estetica di alta specializzazione che deve essere eseguito da professionisti con diploma di specializzazione.

Uno dei primi passi per scegliere il proprio chirurgo plastico consiste nella verifica delle credenziali di base, cioè Ateneo degli studi, voto di laurea, superamento dell’esame d’abilitazione alla professione di medico chirurgo; tutte queste informazioni possono essere verificate contattando telefonicamente l’Ordine dei Medici della provincia di residenza oppure consultando il sito internet della Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi, alla voce ricerca anagrafica, dove saranno schematizzate in poche righe tutte le informazioni basilari del professionista.

Un passo ulteriore consiste nel selezionare un professionista medico con Diploma di Specializzazione in Chirurgia Plastica Estetica conseguito secondo gli standard del Ministero della Salute e della durata di ulteriori sei anni accademici rispetto a quelli della laurea in Medicina e Chirurgia; il diploma europeo fornisce infatti ulteriori garanzie di preparazione in ambito specialistico rispetto ai medici non specializzati o specializzati in altre discipline anche molto diverse dalla chirurgia estetica.
I master universitari sia di primo che di secondo livello non sono paragonabili ai diplomi di specializzazione sia in ambito legale che sul campo della preparazione teorico pratica. I medici italiani specializzati in chirurgia plastica secondo le norme ministeriali e quindi riconosciuti a livello europeo, appartengono ad almeno una delle due società italiane ufficiali di chirurgia plastica estetica, cioè AICPE (Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica) e SICPRE (Società Italiana Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica). Infine i chirurghi plastici più blasonati potranno essere iscritti anche alle due più importanti società di chirurgia plastica cioè ASPS (American Society of Plastic Surgeons) e ISAPS (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), garantendo quindi elevati standard di qualità.

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