Cicatrici

Data pubblicazione: 19/02/2022
Dr. Tommaso Agostini


Indice

Cicatrici patologiche

Quando il processo di guarigione non è normale si possono creare delle cicatrici anomale, cioè patologiche che possono essere divise a loro volta in cicatrici esuberanti e cicatrici insufficienti; nella cicatrizzazione esuberante prevale la fase anabolica su quella catabolica, cioè la produzione di collagene è fuori controllo e ne viene prodotto di più del normale. Distinguiamo due tipi di cicatrici esuberanti che sono le cicatrici ipertrofiche e le cicatrici cheloidee o cheloidi. Le cicatrici insufficienti sono invece caratterizzate da una prevalenza della fase catabolica su quella anabolica, quindi con ridotta sintesi di fibre collagene e distinte in cicatrici atrofiche e ulcere croniche. Il tipico esempio di cicatrici atrofiche sono quelle acneiche, cioè cicatrici depresse esito dell’acne in fase attiva che sono molto frequenti a livello medio facciale nella subunità estetica delle guance.
I fattori predisponenti alla cicatrizzazione esuberante sono numerosi e consistono nella -) guarigione per seconda intenzione, cioè la ferita non viene suturata ma viene lasciata guarire in modo spontaneo, il che può richiedere anche alcune settimane in base all’estensione, alla profondità e alla sede; -) nell’orientamento della ferita, che, per essere ottimale, dovrebbe vedere un orientamento parallelo alle linee di Langer. Queste sono conosciute anche come linee di tensione della cute e corrispondono all’orientamento delle fibre collagene nel derma di una sede specifica del corpo e che sono parallele all’orientamento delle fibre muscolari sottostanti; -) natura dell’agente lesivo, cioè un ferita da taglio, per esempio quella chirurgica, guarirà in un modo migliore rispetto ad una cicatrice d’origine traumatica e senza un asse specifico; -) la sede, in particolare ci sono alcune zone del corpo che sono notoriamente più soggette a produrre cicatrici sfavorevoli come ad esempio il dorso, le spalle e lo sterno, nonché le sede articolari, come il cingolo scapolare, il cingolo pelvico, le ginocchia e il gomito; -) l’età del soggetto, cioè pazienti particolarmente giovani come i neonati oppure pazienti anziani hanno una tendenza a sviluppare delle ottime cicatrici da un punto di vista estetico; -) la razza, infatti soggetti di razza negroide tendono a sviluppare processi di guarigione patologici esuberanti.

La classificazione delle cicatrici

Sono state proposte numerose classificazioni per una corretta valutazione e misurazione delle cicatrici, sia a fine prognostico che di trattamento. La classificazione più utilizzata è quella di Vancouver, che distingue sei tipi di cicatrice: -) la cicatrice matura, piatta, di colore madreperlaceo o roseo e di consistenza elastica; -) la cicatrice immatura, di colore roseo intenso o rosso, a volente dolente e spesso dolorabile alla palpazione, rilevata sul piano cutaneo circostante e in fase di rimodellamento; -) cicatrice ipertrofica lineare, di colore roseo intenso o rossastro, molto rilevata rispetto alla pelle sana circostante e il tessuto cicatriziale non oltrepassa i margini della ferita, con tendenza a aumentare di dimensioni fino al sesto mese dal trauma per poi diminuire gradualmente; -) cicatrice ipertrofica estesa, quella che si sviluppa tipicamente dopo un ustione intermedia o profonda e con le stesse caratteristiche elencate subito sopra, ma stesa a causa del trauma subito; -) cheloide minore, cioè una cicatrice con un rilievo superiore a 5 mm, che si estende oltre i margini delle ferita iniziale; -) cheloide maggiore, un’ampia cicatrice con rilievo superiore ai 5 mm, estesa oltre i margini della ferita che insorge spontaneamente o per piccoli traumi, con tendenza ad aumentare nel tempo di dimensioni.
Inoltre esiste anche la classificazione clinica delle cicatrici, cioè in base al loro aspetto clinico valutato da un medico specialista: -) cicatrici eritematose, di colore rosso, piane o rilevate e texture lucente, caratterizzate istologicamente da vasi sanguigni dilatati e aumentati di numero oltre a un grado di fibrosi variabile; -) cicatrici pigmentate, di colore bluastro o marrone, texture lucente, piatte o rilevate, caratterizzate istologicamente da un quantitativo di melanina aumentato a livello della giunzione dermo-epidermica e un grado variabile di fibrosi; -) cicatrice ipertrofica, di colore bianco/rosa o rossastro, texture lucente, rilevate e adese ai tessuti circostanti, caratterizzate da un aumento delle fibre collagene spesse e da scarsa matrice mucoide; -) cicatrici cheloidee, di colore rosso intenso o porpora, rilevate e con stensione oltre i bordi della ferita, caratterizzate da fibre collagene spesse e ialinizzate, con scarsa matrice mucoide e con struttura disorganizzata; -) cicatrici atrofiche, di colorito biancastro o rosa, texture lucente e rugosa, infossate e caratterizzate da una epidermide sottilissima con fibrosi del derma.

Il processo di guarigione e cicatrizzazione

La cicatrizzazione è un processo fisiologico di guarigione spontanea che l’organismo umano mette in atto e come tale può presentare alcune variabili individuali. Si tratta di un fenomeno dinamico che inizia subito dopo l’evento traumatico e che finisce dopo circa 12 mesi. Si distinguono ben sei fasi distinte della cicatrizzazione: l’emostasi, la migrazione cellulare, la proliferazione cellulare, la sintesi proteica, la contrattura della ferita e il rimodellamento. La pima fase dell’emostasi è caratterizzata dalla vasocostrizione, dal processo d’aggregazione piastrinica, dalla formazione della fibrina fino al coagulo che ha come principale funzione quella d’impedire ulteriori perdite ematiche e di elettroliti dall’area traumatizzata. La vasocostrizione che caratterizza la fase dell’emostasi si verifica sia per stimolo sistemico del sistema nervoso simatico che determina il rilascio in circolo di noradrenalina, sia per stimolo locale grazie al rilascio di amine vasoattive, prostaglandine e trombossano, da parte delle cellule danneggiate. La fase della migrazione cellulare vede come principali attrici delle cellule chiamate fibroblasti che da un lato aumentano la loro proliferazione nell’area danneggiata, dall’altro vengono anche richiamati da tessuti vicini grazie al rilascio di particolari sostanze che si chiamano citochine, le quali contribuiscono anche la formazione di nuovi vasi sanguigni (neoangiogenesi) dopo sole 48 ore dal trauma. La riepitelizzazione è quindi cruciale per ristabilire la barriera cutanea e inizia già subito dopo la lesione, entro 24-48 ore, come avviene nelle ferite chirurgiche, senza perdita di sostanza. La sintesi e la deposizione di proteine caratterizza il processo di cicatrizzazione a patire dalla 4 giornata e consiste nella deposizione di fibre collagene che sono prodotte dai fibroblasti e che formano oltre il 50% della cicatrice. È proprio la sintesi del collagene che rappresenta il momento cruciale per la formazione di una buona cicatrice rispetto a una meno bella; numerosi sono i fattori possono influenzare la neocollagenesi tra cui fattori legati al soggetto (età, fototipo, predisposizione) e fattori legati alla ferita (sede, tensione, pressione). La sintesi di nuovo collagene prosegue alla massima velocità dalle due alle quattro settimane per poi diminuire e la sua deposizione è influenzata dai proteoglicani, che formano la matrice proteica del derma sano e la cui concentrazione nella cicatrice aumenta parallelamente al collagene; tra i proteoglicani quello più importante è il dermatansolfato che è responsabile dell’orientamento delle fibre collagene della cicatrice. Infine l’elastina, che normalmente è presente nella pelle sana ed è responsabile appunto della sua elasticità, non è presente nelle cicatrici, motivo per cui non sono elastiche e non si distendono. La fase finale della cicatrizzazione è quella del rimodellamento, caratterizzata dalla sospensione della produzione di collagene, ed è essenziale per ottenere una cicatrice solida e resistente. La forza tensile della cicatrice è circa il 3% di quella del derma sano a una settimana dopo il trauma, del 20% a 3 settimane, e dell’80% a 12 settimane. Questo processo di guarigione descritto è quello che caratterizza la cicatrizzazione fisiologica, quindi normale.

Cicatrici da acne e varicella

Si tratta di cicatrici molto diffuse poiché derivante dall’acne in fase attiva che caratterizza l’età adolescenziale di molti pazienti e dalla varicella, una delle malattie esantematiche più diffuse. Spesso gli esiti cicatriziali derivanti dall’acne e dalla varicella sono molto più invalidanti delle patologie stesse poiché durano per sempre a meno che non si ricorra ai rimedi messi a disposizione della medicina estetica e dalla chirurgia plastica. Ai fini di un corretto trattamento risulta indispensabile caratterizzare in modo preciso queste cicatrici in base a una della classificazione più utilizzate, quella americana di Jacob che identifica tre diversi pattern: cicatrici acneiche a fittone (icepick) con diametro inferiore a 2 mm, cicatrici acneiche a scodellina (rolling) con diametro superiore a 4-5 mm caratterizzate dalla presenza di fibre retraenti e cicatrici acneiche a cratere superficiale o profondo (superficial/deep boxcar) con diametro compreso tra 1 e 4 mm.
Il trattamento delle cicatrici da acne si è notevolmente evoluto negli anni mettendo a disposizione numerose soluzioni a diversa invasività. Va subito sottolineato che non esiste un rimedio unico, applicabile una sola volta e che risolva il problema, ma è necessario eseguire un numero variabile di sedute finché non si raggiunge il risultato estetico desiderato e atteso. I metodi più utilizzati sono cruenti tramite punch, cioè si rimuove la cicatrice acneica producendone un’altra rettilinea e meno visibile, e tramite subcision, utilizzando un micro ago con il quale si vanno a tagliare le fibre retraenti oppure metodi non cruenti come la radiofrequenza, il microneedling, il laser frazionato e non frazionato, i filler, il PRP (platelet rich plasma) e i peeling chimici.
Le cicatrici acneiche a fittone vengono trattate in modo efficace utilizzando l’escissione con punch oppure peeling come il PRX-T33 o Enerpeel; le cicatrici acneiche tipo rolling sono trattate con la tecnica della subcision, cioè la resezione delle fibre retraenti e la successiva iniezione di fillers a base d’acido ialuronico, oppure con dermoabrasione e microneedling e infine le boxcar sono trattate con la tecnica punch, dermoabrasione e microneedling. Il laser sia frazionato che non frazionato non funziona ugualmente bene su tutti i tipi di cicatrice da acne e viene solitamente lasciato come trattamento complementare per eseguire le ultime rifiniture.

Rimedi non chirurgici per le cicatrici

Per ottenere una buona cicatrice non basta trovare un bravo chirurgo plastico. La completa guarigione non finisce con la rimozione dei punti di sutura ma continua per tutta la fase di cicatrizzazione compresa la sua maturazione e la fase di rimodellamento che si considera conclusa a 12 settimane circa. In questo lasso di tempo è necessaria l’attiva collaborazione da parte del paziente che deve provvedere a massaggiare la cicatrice almeno due volte al giorno per 10-15 minuti, avendo cura d’eseguire il massaggio lungo l’asse maggiore d’orientamento della cicatrice e non in senso perpendicolare al fine d’ottenere una disposizione ordinata delle fibre collagene e quindi ottenere una cicatrice piana e non rilevata. Il massaggio deve essere eseguito facendo una certa pressione sulla cicatrice utilizzando prodotti cosmetici specifici con ad esempio creme elasticizzanti (Rilastil elasticizzante), pomate a base d’estratto di cipolla (Contractubex) o d’allaontoina (Same Plast gel), gel a base si silicone (Dermatix), cerotti al silicone da applicare sulle cicatrici (Cica Care o Same Plast) o infine creme a base di vitamina E, la quale si è dimostrata efficace nel contrastare la sintesi delle fibre collagene. In casi selezionati e su valutazione specialistica potrebbe essere necessario eseguire la pressoterapia utilizzando delle guaine elastiche custom-made. La protezione solare utilizzando creme con fattore di protezione 50 o 100 rimane altamente raccomandata per i primi mesi dopo il trauma o l’intervento chirurgico.
Una volta finita la fase di rimodellamento della cicatrice, quindi dopo circa 3 mesi, si rivaluta la cicatrice e se la guarigione non è stata ottimale si può procedere con l’infiltrazione intralesionale di cortisonici ad elevato dosaggio (Kenakort), da eseguirsi 1 volta al mese per tre mesi, seguito da un mese di pausa. Il protocollo di trattamento con cortisonici può essere ripetuto numerose volte fino al raggiungimento di un risultato estetico soddisfacente e comunque facendo attenzione ad evitare sovradosaggi che potrebbero portare a atrofia del tessuto adiposo sottocutaneo con comparsa di depressioni a livello della zona d’iniezione, arrossamento con comparsa di capillari o teleangectasie e sbiancamento della pelle per perdita del pigmento cutaneo chiamato melanina. Il meccanismo d’azione del cortisone a elevato dosaggio è da ricondurre all’inattivazione della proteina TGF beta, implicata nella produzione di nuovo collagene e la dose massima raccomandata è di 0.5 cc per ogni cm quadrato. Altri farmaci utilizzati per il miglioramento della qualità della cicatrice sono il 5-fluorouracile che rimane riservato al trattamento dei cheloidi minori e maggiori poiché, oltre a essere doloroso durante la fase d’iniezione, può portare anche a ulcerazione cutanea e iperpigmentazione e la bleomicina che può essere utilizzata in modo efficace al posto del cortisone in pazienti di carnagione più scura, poiché interagisce con il DNA cellulare provocando un processo d’apoptosi, cioè di morte cellulare programmata, riducendo anche le cicatrici ipertrofiche più resistenti ai cortisonici.

Rimedi chirurgici per le cicatrici

Il controllo medico specialistico costante rappresenta sicuramente la chiave per il successo, poiché risulta indispensabile la corretta valutazione clinica dell’evoluzione cicatriziale. In casi d’insoddisfazione o comunque se ci fossero margini di miglioramento, può essere preso in considerazione l’intervento di chirurgia plastica che prende il nome di revisione chirurgia o plastica della cicatrice, che prevede l’utilizzo di tecniche specifiche per il miglioramento estetico e che consistono principalmente in exeresi intralesionali, plastiche a zeta singole o plastiche  a zeta multiple, plastiche a W, fino anche all’utilizzo degli espansori cutanei o d’interventi di chirurgia estetica come il lifting facciale. Gli interventi più utilizzati per il miglioramento della cicatrice sono eseguiti a livello ambulatoriale e in anestesia locale, con un rapido ritorno alla vita sociale e lavorativa; generalmente non vengono richiesti esami ematici preoperatori né elettrocardiogramma essendo un intervento ambulatoriale del tutto sovrapponibile agli interventi chirurgici eseguiti in ambito odontoiatrico. La durata dell’intervento di revisione è molto variabile, poiché strettamente dipendente dal tipo di cicatrice da correggere, dalla sua estensione, dalla sede e dal tipo di tecnica da utilizzare. I tempi di guarigione sono dipendenti dall’area anatomica utilizzata e variano da un minimo di 7-8 giorni fino anche a 15-21 giorni. Nella quasi totalità dei casi vengono utilizzati punti si sutura riassorbibili che vengono posizionati internamente alla ferita e poi completati con una sutura estetica di tipo intradermico.

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