Chirurgia Estetica Seno

Data pubblicazione: 19/02/2022
Dr. Tommaso Agostini


Indice

Più di due milioni di donne americane o l’1% delle donne americane hanno impianti mammari in silicone. La mastoplastica additiva rappresenta la procedura di chirurgia estetica più eseguita negli Stati Uniti seguita dalla liposuzione, dalla rinoplastica e dal lifting facciale. Nel 2004 oltre 200.000 pazienti si sono sottoposte alla mastoplastica additiva. I numeri della mastoplastica sono continuati a crescere di anno in anno in modo esponenziale fino quasi al 700% tra il 1992 e il 2004 e fino quasi al 1000% dal 2004 al 2020. Secondo i dati riportati dall’American Society of Plastic Surgeons nel 2019 sono state 300.000 le donne che si sono sottoposte a un intervento di mastoplastica additiva, oltre 110.000 le donne che hanno eseguito un intervento di mastopessi con protesi o mastopessi senza protesi, quasi 50.000 quelle che si sono sottoposte all’intervento di mastoplastica riduttiva. Le donne d’età compresa tra 19 e 34 anni sono quelle che si sottopongono più frequentemente all’inserimento di protesi mammarie per aumentare il volume del seno, seguite dalle donne d’età compresa tra 35 e 50 anni. La storia della mastoplastica additiva riflette la ricerca del materiale ideale impiantabile a livello mammario, già iniziata nel diciannovesimo secolo con i primi tentativi d’inserire a livello mammario dei lipomi prelevati da alter parti del corpo. Le protesi mammarie contenenti silicone liquido si sono diffuse durante la seconda guerra mondiale, poi abbandonate a causa delle complicanze che avevano; Cronin e Gerow introdussero nel 1963 dei nuovi dispositivi medici impiantabili contenenti silicone in forma di gel. Fu successivamente che vennero introdotte in commercio le protesi mammarie ripiene di soluzione salina e definitivamente approvate dalla Food and Drug Administration nel 2000. Infatti fino ad allora le protesi con soluzione salina erano soggette alla perdita di volume nel tempo (deflazione) fino a quando sono state introdotte quelle di ultima generazione che hanno dimostrato una minima perdita di volume quantificata nel 4.3% in 13 anni. Tuttavia questo tipo di protesi non è utilizzato nei paesi dell’Unione Europea, compresa l’Italia, dove si utilizzano protesi mammarie contenenti un gel di silicone altamente coesivo; si distinguono tre forme di portesi mammarie: protesi mammarie anatomiche o con forma a goccia, protesi mammarie rotonde e protesi mammarie ergonomiche o dinamiche, che sono capaci di assume la forma anatomica in stazione eretta e quella rotonda in posizione declive. Le protesi in silicone possono essere inserite a livello del seno attraverso tre vie principali, utilizzando la via ascellare ed eseguendo un’incisone chirurgica a livello del pilastro ascellare anteriore, attraverso il complesso areola capezzolo (incisione emiperiareolare) e attraverso il solco sottomammario o inframammario. In tutti i casi è possibile eseguire il posizionamento protesico al di sotto della ghiandola mammaria (mastoplastica sottoghiandolare) sotto al muscolo gran pettorale (mastoplastica sottomuscolare) oppure in parte sotto al muscolo e in parte sotto la ghiandola (mastoplastica dual-plane). La tecnica dual plane garantisce un risultato a lunga durata stabile e piacevole, poiché vengono valorizzate le aree esteticamente sensibili come il décolleté e i quadranti superiori. L’impianto delle protesi in silicone non ha interferenza con lo screening del tumore mammario che può essere eseguito attraverso l’ecografia mammaria, la mammografia e, in casi selezionati, con una risonanza magnetica nucleare senza mezzo di contrasto. Le protesi mammarie sono dispositivi medici di classe III e come tali sottoposte ai più rigidi controlli dalle autorità europee; ciononostante possono andare incontro a rottura spontanea sia intracapsulare che extracapsulare ponendo indicazione a revisione della mastoplastica additiva. Le protesi in gel di silicone, una volta impiantate, hanno una durata di 10-12 anni, passati i quali è raccomandata la sostituzione previa valutazione di un medico specializzato in chirurgia plastica.
L’inserimento delle protesi non ha inoltre interferenza con l’allattamento a patto che ‘intervento venga eseguito con la conservazione dei dotti galattofori che dovranno essere conservati durante l’intervento chirurgico.
L’indicazione principale alla mastoplastica additiva è rappresentata dall’ipoplasia mammaria, condizione nella quale le mammelle sono poco rappresentate e dove si inseriscono due protesi di uguali dimensioni per aumentarne il volume, migliorarne la forme a aumentare l’autostima delle pazienti; la mastoplastica additiva può essere d’aiuto anche nei casi d’asimmetria mammaria, cioè in casi in cui il volume e o la forma delle mammella sia diversa, che viene corretta con l’utilizzo di materiale protesico di volume e o forma diversi. L’intervento di chirurgia estetica d’aumento del seno può essere eseguito a partire dalla maggiore età e in casi particolari anche in pazienti minorenni con il consenso informato preventivo d’entrambi i genitori.
La principale complicanza della mastoplastica è rappresentata dalla contrattura capsulare o rigetto delle protesi; tale complicanza è relativamente rara e può essere quantificata in meno in circa il 2-3% per la mastoplastica dual plane e il circa il 5% per la mastoplastica sottoghiandolare. Questa differenza di percentuale sembra possa essere riferita alla “contaminazione” della superficie protesica con i microrganismi normalmente presenti all’interno della ghiandola mammaria che nel tempo si rendono responsabili di una reazione infiammatoria cronica incontrollata alla base della contrattura capsulare. Quest’ultima si manifesta come un indurimento progressivo delle mammelle che può essere accompagnato da dolore lieve moderato fino anche alla dislocazione mammaria prevalentemente verso l’alto ma anche lateralmente. Tale condizione necessita d’intervento chirurgico di revisione con sostituzione delle protesi mammarie, capsulectomia o capsultomia seguito da una terapia farmacologica antiinfiammatoria della durata di tre mesi. Anche dopo la sostituzione protesica non è assicurato che la contrattura non si ripresenti, ma sicuramente alcuni accorgimenti tecnici come il cambio del piano di posizionamento e l’utilizzo di protesi con superficie microtesturizzata contribuiscono alla stabilizzazione del risultato.  
Un’alternativa all’intervento di mastoplasica additiva con protesi mammarie è rappresentata dalla lipostruttura o lipofilling mammario, cioè l’aumento volumetrico mammario eseguito utilizzando il grasso autologo prelevato da aree del corpo in cui si trova in eccesso. Evidentemente la mastoplastica senza protesi ha indicazioni relativamente ristrette potendo essere eseguito esclusivamente in pazienti che hanno tessuto sufficiente per essere trapiantato. I risultati della lipostruttura mammaria sono naturali e duraturi; l’intervento può essere eseguito in anestesia locale con sedazione o anestesia generale, procedendo al prelievo di tessuto adiposo dalle sedi donatrici come addome, fianchi, interno cosce attraverso sottilissime cannule. Segue quindi la fase di purificazione che inizia con la decantazione del tessuto adiposo prelevato e la centrifugazione per 10 minuti a 3000 rpm; le siringhe cosi ottenute vengono iniettate a livello mammario prediligendo i quadranti superiori e i quadranti mediali delle mammelle sempre utilizzando delle microcannule. Il posizionamento del grasso in sede donatrice deve avvenire con cura e in modo meticoloso, prediligendo una tecnica multistrato dalla profondità verso la superficie in modo tale da favorire il massimo contatto del grasso prelevato con i vasi sanguigni della sede ricevente in modo tale da avere il minimo riassorbimento e una bassissima percentuale di morte cellulare. Il principale svantaggio di questo intervento è la percentuale di riassorbimento del tessuto trapiantato che può variare dal 30% fino al 50%; i principali determinanti del riassorbimento sono da attribuire all’operatore (tanto più l’operatore ha esperienza, tanto più bassa sarà la percentuale di riassorbimento) e alla sede ricevente (tanto più la sede ricevente è ben vascolarizzata, tanto minore è la percentuale di riassorbimento).
In tutti i casi in cui le mammelle siano ptosiche e/o svuotate sarà necessario eseguire l’intervento di mastopessi con o senza protesi mammarie; la scelta della tecnica chirurgia si decide in base al volume mammario e in particolare per mammelle particolarmente svuotate a seguito di perdite di peso o gravidanze, allora si propenderà per eseguire l’intervento di mastopessi con protesi mammarie che vengono posizionate generalmente al di sotto della ghiandola mammaria. L’incisione può essere eseguita a livello del complesso areola capezzolo con quella che si chiama mastopessi round block e che esita in una cicatrice intorno al complesso areola capezzolo e con la quale si può ottenere un sollevamento fino anche a 4 cm; nei casi di ptosi mammaria moderata si deve invece ricorrere a una cicatrice verticale diretta dal complesso areola capezzolo fino al solco sottomammario. In casi gravi dovrà anche essere eseguita l’incisione a livello del colco sottomammario con esito cicatriziale a T invertita. L’intervento di lifting mammario ha una durata di 2-3 ore, si esegue in anestesia generale e prevede il posizionamento di punti di sutura riassorbibili e di drenaggi mammari he saranno rimossi già dopo 24 ore al fine di prevenire ematomi e/o sieromi.
Quando le mammelle siano di dimensioni aumentate si parla invece di ipertrofia mammaria fino anche alla gigantomastia; i sintomi riferiti dalle pazienti che soffrono di macromastia sono dolore alla schiena (lombalgia), dolore alla nuca (cervicalgia), dolore alle spalle, intertrigine e disagio psicologico. Il trattamento chirurgico di scelta prevede il wise pattern con il peduncolo inferiore; il wise pattern è stato descritto per la prima volta da Wise nel 1956 per la riduzione di mammelle ptosiche e per la riduzione di mammelle ipertrofiche. Consiste nella resezione della pelle in eccesso, ma anche del tessuto ghiandolare e del tessuto adiposo con riduzione del diametro areolare e posizionamento del complesso areola capezzolo in una sede più alta rispetto alla precedente. Il sollevamento del complesso areola capezzolo avviene mediante lo scolpimento di un lembo composto da cute, tessuto adiposo e ghiandolare le cui dimensioni e il cui orientamento hanno lo scopo di preservarne la vascolarizzazione e la sensibilità; i principali peduncoli mammari utilizzati sono il peduncolo superiore, il peduncolo inferiore, il peduncolo mediale, il peduncolo laterale, il peduncolo supero mediale, il peduncolo supero laterale ma anche un lembo bi-peduncolato. Questi peduncoli, la cui base anatomica rappresenta la chiave di successo per l’intervento di mastoplastica riduttiva, sono associati a diversi tipi (pattern) di resezione cutanea, come appunto il Wise pattern, cioè con cicatrice a T invertita oppure il pattern verticale la cui funzione è quella di massimizzare il risultato estetico. La mastoplastica riduttiva a peduncolo inferiore è gravata dal cosiddetto bottoming-out o forma a scatola, cioè la mammella assume una forma quasi quadrata a causa dello scarso supporto parenchimale intrinseco nella tecnica; la mastoplastica riduttiva a peduncolo superiore è invece caratterizzata da un maggior rischio di complicanze vascolari a carico del complesso areola capezzolo e dalla scarsa compattezza a livello dei quadranti superiori dia mediale che laterale. Con il passare del tempo ha preso sempre più piede l’utilizzo di peducnoli misti, come quello supero mediale, che viene scolpito appunto a livello del quadrante supero mediale della mammella e che è stato descritto per la prima volta nel 199 dal chirurgo plastico Hall-Findley, fornendo risultati estetici superiori oltre a una robusta e sicura vascolarizzazione che proviene dall’arteria mammaria interna a livello del secondo e del terso spazio intercostale; inoltre nel conteso del peduncolo supero mediale decorre il ramo cutaneo del questo nervo intercostale che mantiene la sensibilità del complesso areola capezzolo nel post operatorio con maggior soddisfazione da parte delle pazienti.
L’intervento di mastoplastica riduttiva ha una durata fino a 4 ore e prevede il ricovero in clinica di almeno una notte; i tempi di guarigione sono di circa 15-20 giorni e nei primi mesi post operatori è normale avere le mammelle particolarmente piene nei quadranti inferiori, per poi normalizzarsi in circa 6 mesi. Anche se raramente, l’aumento volumetrico delle mammelle può recidivare sia per aumento di tessuto ghiandolare ma anche per aumento del tessuto adiposo che si può verificare nel caso di cambiamenti ormonali come quello che si verifica in coincidenza della menopausa. La qualità delle cicatrici residue dipende prevalentemente dallo spessore del derma che se si presenta sottile, può dare origine a processi di cicatrizzazione patologica, con lo sviluppo di cicatrici ipertrofiche ma anche di cicatrici ipotrofiche, quindi allargate che possono essere revisionate dopo circa 6-8 mesi dall’intervento chirurgico.

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